Solo per restare agli
incontri più recenti, ho incontrato Mishal Sufyan, la ragazzina terribile de
"I Versi Satanici" di Salman Rushdie. Mishal che a Londra, per
mortificare la madre indiana, indossava solo pigiami con l'immagine di Bruce Lee.
E di giorno “portava i capelli cortissimi e
permetteva ai propri capezzoli di premere contro camice scandalosamente
aderenti”. Era nella reception di un albergaccio vicino a Heathrow, nel
pieno di un quartiere indiano. L’albergo esattamente identico a quello che, nel
libro, gestisce la sua famiglia. Tutto scale strette, angoli oscuri foderati di
moquette, odore di zenzero. Una Red-Bull nella mana sinistra, il suo smartphone
in quella destra. Ho incrociato i suoi occhi scuri solo per una manciata di
secondi mentre mi allungava la chiave della stanza. È restata del tutto del
tutto immobile e muta, se non per un impercettibile segno del capo quando le ho
detto: “ho parcheggiato la mia macchina qui davanti, è una 500 rossa...”. Le
ultime tre parole pronunciate in un lieve bisbiglio. E´ tornata subito a
rovesciare la sua chioma brillante sullo smartphone.
Sotto forma di un
cliente belga ho conosciuto, solo telefonicamente, Hal Valance. Il cinico produttore
televisivo di Aliens Show dove Saladin Chamcha, attore indiano, recitava prima
dell'incidente aereo che trasformerà lui e Gibreel Farishta nell’incarnazione del Bene del Male. Hal lo licenzierà
successivamente: “I rilevamenti dell’audience
rivelano che le minoranze etniche non guardano gli show etnici. Non li
vogliono, Chamcha. Vogliono Dynasty come tutti gli altri. Il tuo profilo è
sbagliato, capisci: con te dentro lo show diventa troppo razziale”. Proprio
come faceva Hal anche il mio cliente usava in continuazione la parola “universo”.
Mi spiegava come raggiungere …l’“universo” di clienti interessati ad un
prodotto…quello è tutto un altro “universo”…“c’è tutto un universo là fuori, e
lo dobbiamo prendere”.
Da questo libro
controverso e formidabile vorrei incontrare adesso Pinkwalla, il dj cialtrone
dell’ Hot Wax Club. Grottesco come il suo nome.
Troppo giovane o troppo
distratto invece per Leni Gruyten. Lei aveva 48 anni nel 1973. Era la
protagonista di “Foto di gruppo con signora”, di Heinrich Böll, premiato lo
stesso anno con il Nobel. “Una delle poche donne che possono permettersi a 48
anni di portare una minigonna”. La lettura di questo libro mi guadagnò la stima
eterna della mia professoressa di tedesco e l’esasperazione dei miei compagni di
classe quando fui chiamato in cattedra a fare il riassunto di un libro di 428
pagine. Un minimo d’interesse solo quando Böll racconta come Leni avesse iniziato
a conoscere l’orgasmo, non solo inteso nel senso mistico della sua educatrice
suor Haruspika, ogni volta che da bambina metteva il piede su una pietra
sconnessa del selciato davanti a casa sua.