La “sbeccazida”

27/09/14

Invidio, ho sempre invidiato genovesi e romani. Per il modo in cui amano le loro città, i loro quartieri coi loro odori, per il modo in cui persino i granelli di sabbia scricchiolano sotto le loro scarpe e solo sotto le loro scarpe. Non posso dire altrettanto, i miei antenati sono stati (de)portati qui a Bolzano da altri luoghi. Non ho una città, non ho un dialetto, la sabbia sotto le mie scarpe non fa nessun rumore. Forse per questo, per riempire la mancanza originale, mi sono interessato fin da bambino alle lingue e ai dialetti. Li ho mescolati e ne ho inventati di nuovi, anche con l’aiuto di alcuni amici geniali.

La “sbeccazida” si deve a un amico romano di nascita, cresciuto a Genova, scaraventato infine a Bolzano. In seconda o terza media inventò questa frase: “Ué, ‘ta ‘tent vé ca gö el beccüz cur cubelt! Si te dö ‘na sbeccazida ti se’ mört!”. Traduzione: “Ehi,stai attento sai che ho il becco (rinforzato) col cobalto! Se ti do una beccata sei morto!”.
Chissà che diavolo di baruffe si agitavano nella sua fantasia! Credo che questo dialetto esprimesse la meraviglia del romano che sale al nord. È anche possibile che avesse sentito arrivare, con vent’anni di anticipo, il leghismo. Cioè che avesse sentito calare su di se il becco del nord.

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