Non i fuochi, ma i pompieri

02/01/13


 
Le sue foto sono discrete come un colpo di mazza da baseball sulle ginocchia. Weegee era nato in Austria nel 1899 nel villaggio di Zloczew come Usher Fellig ed era arrivato negli Stati Uniti all’età di dieci anni con i genitori. A Ellis Island, che più tardi descrisse come “il luogo più bello del mondo”, un ufficiale dell’immigrazione gli cambiò il nome da Usher in Arthur. Crebbe a New York nel Lower East Side, dove la sua famiglia viveva un gradino più in dei ratti nelle cantine. Non era fatto per gli studi e scelse la strada per guadagnarsi da vivere. Fu venditore di caramelle nei teatri, lavapiatti e fotografo di strada (sedeva i bambini su un pony rosso e scattava). Non fu mai assiduo della sinagoga, ma digiunò sempre per Yom Kippur. Dal 1924 lavorò in camera oscura alla Acme Newspicture, poi fu sempre e solo free-lance. Usciva a fotografare di notte, e il nomignolo “Weege” gli fu attribuito per via della tavola di legno (antenata della più moderna sfera di cristallo), usata dagli sciamani per prevedere il futuro. Egli sembrava possederne una, visto che irrompeva sulla scena del delitto, armato della sua Speedgraphic, prima che arrivassero le forze dell’ordine. Da vero genio dell’auto – promozione, fece suo il soprannome e lo mutò in “Weegee il famoso”. I suoi editori ridevano nel trovare questa firma in calce alle foto.

Le sue premonizioni si dovevano in realtà a una radio ricevente, autorizzata, sintonizzata sulle frequenze della polizia. L’aveva installata sulla sua Chevrolet marrone del 1938, autentico ufficio mobile con tanto di camera oscura ricavata nel baule.

Weegee aveva i capelli troppo lunghi arricciati in un cespuglio spettinato, la Speedgraphic in mano, un sigaro mezzo bruciato in bocca, gli abiti due taglie più grandi con le tasche stracolme di pellicole. Si era installato al distretto di polizia di Spring Street e dormiva sul ripiano di uno scaffale all’interno dell’ufficio persone scomparse. Su un altro scaffale, la sua scorta zuppe Campbell e biscotti. Correva sulla scena del delitto, sparava il suo flash senza nessuna indulgenza per l’estetica fotografica, sviluppava e correva a vendere ai quotidiani. Una foto, 5 dollari. Un’esistenza insonne sempre all’inseguimento della prima pagina. Una volta si servì della cabina di guida di una metropolitana per sviluppare le foto appena fatte.

Si occupava pochissimo della tecnica, l’arte non era il suo problema. Le sue immagini ravvicinate, illuminate dal flash, erano esattamente le visioni sordide di cui era avido il giornalismo-tabloid degli anni ‘40. Ladri, prostitute, poliziotti, ubriachi. Sullo sfondo la cortina degli sfaccendati, compiaciuti di apparire sul giornale.

Ciò che dà potenza alle sue foto, non sono tanto l’immediatezza e il senso narrativo, ma proprio la folla accorsa intorno alla sena della calamità che dona un passato e un presente alla scena. 

Anche Hollywood si accorse di lui dopo la pubblicazione del suo “Naked City” (La città nuda) e lo chiamò a interpretare alcuni cammeo.

“Ladro d’auto arrestato, macchina sfasciata, un morto” anche nei titoli delle sue foto Weege esprimeva la sua concezione melodrammatica del fotogiornalismo. Dichiarava sbruffone “…lavoro per i calci e per i soldi”.

Hanno scritto di lui: “le foto di Weegee catturavano e interpretavano ciò che di più vitale c’era nella scena contemporanea. Affrontava una grande brutalità e affermava la nostra capacità di sopportarla.” E ancora: ”fotografava il sottosuolo della metropoli con un amore per il sensazionale. Non catturava i fuochi, ma i pompieri; non gli edifici crollati ma i loro proprietari in rovina; non gli sparatori, ma i loro cadaveri; non le calamità, ma le madri scioccate e agonizzanti che vedono i loro figli bruciare come polli nei fuochi dell’alba.”(Louis Stetter)

Non ha lasciato immagini di paesaggi rurali, non aveva nessun senso per le nature morte, solo la gente lo interessava. Amanti che si baciano, ubriachi presi a pugni nei bar, pubblico divertito nei circhi alla vista della donna-cannone. Le sue foto di sofferenza non abbellita e risate sguaiate hanno la bellezza sconvolgente e la forza permanente di immagini che, una volta viste, non sono mai cancellate.

Nel 1948 Edward Steichen, allora direttore della sezione fotografica del Museum of Modern Art di New York, incluse le sue foto in una mostra assieme a quelle di Man Ray, Edward Weston e Ansel Adams.  Questi fotografi, scrisse, erano o stavano diventando pietre miliari nella storia della fotografia.

Weege morì nel 1968 con qualche soldo (non molti) ed ebbe il culmine di una reputazione in costante ascesa con una retrospettiva all’International Center of Photography nel 1977.

Weegee il famoso ha lasciato un’eredità di 5.000 negativi e 15.000 stampe. E una frase: “Il crimine era la mia ostrica, e mi piaceva”.