Da un piccolo angolo di paradiso

29/10/13





Piccolo svarione oggi, ma non gli ho dato molto peso: mentre la radio trasmetteva Laura Pausini, mi sono quasi commosso. Cosa poteva succedere allora con"Luci a San Siro" di Vecchioni?
Sto muovendo i miei primi passi da esule, sono cose che possono succedere. La vera nostalgia dell’Italia, con cui dovrò fare prima o poi i conti, aleggia per ora senza vestire una forma specifica: gli spaghetti alle vongole in bianco? La neve? Le autostrade? Le automobili silenziose? Chi lo sa…

Molto più serio è quando arrivi, senza una ragione precisa, a chiederti perché hai fatto quello che alcuni definiscono "emigrare" oppure "lasciare il paese" oppure "andarsene" e altri invece considerano come un semplice "varcare due linee immaginarie tracciate sul mappamondo". Ancora più serio è quando non trovi una risposta a questa domanda. Significa che non provi più rancore e delusione per la tua terra. Rancore e delusione sono essi stessi dei legami, proprio come in un vecchio matrimonio naufragato o in una storia d’amore ruminata da due amanti stanchi. Rancore e delusione sono dei lucchetti che ti tengono legati a qualcosa che non ami più, o che credi di non amare più. Solo se sciogli questi lucchetti, puoi infine di aderire al profilo della nuova terra. Aderire a quello che è veramente. 

Cercando per tutta Guantanamo arroventata quattro bottiglie di birra che mi servono per completare la cassetta dei vuoti e uscire dal circuito della birra della chopin (shop) in dollari ed entrare in quello della Cerveza in Moneda Nacional, che costa la metà. Niente da fare, nessuno dei Guantanameros che conosco le ha. Nessuno dei loro parenti o amici le ha. Così caldo che mi sembra di evaporare.

Rinuncio alle bottiglie. Una giornata così non può che finire sul bordo della piscina nel quartiere Hanoi. La divido con una famiglia cubana che dire allargata è poco. È esplosa, deflagrata. Una ventina di persone, da zero a sessant’anni. I ragazzini e le ragazzine si muovono sul bordo della vasca in un modo che non ha una definizione in italiano per il semplice fatto che nessun italiano è in grado di farlo. Lo si può chiamare il pre-ballo. E’ un dondolare i corpi duri ma flessibili, lucenti d’acqua. Aggiustarsi il costume (le ragazzine), aggiustare i capelli (le ragazzine), dondolare ancora. Con un decimo della forza che mettono nel ballo vero e proprio, come fa un atleta che prova il gesto prima della gara.

Ammazzate birre Cristal per tre dollari. Sta per arrivare il temporale serale, le palme fremono alle prime raffiche di vento. Osservo questa gioventù: tocca a loro insegnarmi che, uomo bianco, la bellezza è incerta, effimera. Ma è dappertutto in questo piccolo angolo di paradiso, ed è solo a un battito di ciglia da me.
 

Ho sulle ginocchia il manuale di criminologia che ho comprato oggi per inaugurare la mia biblioteca cubana. E, lo ammetto innanzi al tribunale della letteratura (se esiste, ma deve esistere), anche per vedere le mani della libraia, esili come ali di libellula, scaricarlo a matita dall’inventario e darmi il resto. Ho pagato, s’intende, con il biglietto più grande che avevo in tasca.    

Foto: Calle Moncada, Baracoa (Guantanamo)