Memorie dal porto di Sawakin

13/06/10



Non potrò mai dimenticare una donna etiope che ho conosciuto al porto di Sawakin in Sudan, si chiamava Hayat. Avevamo consegnato il carico e il capitano della nave era particolarmente contento: ci offrì un'ora a testa con lei. Un bravo capitano, e un bravo equipaggio: il primo da moltissimo tempo che non si fosse ammutinato. La regola era di non chiedere mai che cosa si trasportasse: il cuoco di bordo parlava di armi per i signori della guerra, ma il suo inglese era pessimo. Poi era molto più bravo a raccontare panzane che a cucinare. E più ne raccontava, più noi gli compravamo la sua vodka schifosa. Provai a curiosare, ma le stive di tutte le navi della “Freedom of the Seas” avevano le lampadine fulminate o svitate. Poi credo che su una cassa di granate RPG per i signori della guerra non ci sia scritto “granate RPG per i signori della guerra”.

Io ero il quarto con Hayat, dopo il capitano, il primo ufficiale e l’ufficiale di macchina. Nella stanza non vidi niente dove lei potesse lavarsi. Ebbi un'esperienza di pre-morte quando Hayat con le sue cosce vellutate e potenti iniziò a stringermi il collo. Più mi allontanavo verso la barriera di luce, più mi eccitavo. Pensai che se c’era un senso in tutto quello era che me ne sarei andato guardando molto da vicino ciò da cui ero venuto. Mi ero tenuto un ultimo respiro: quando Hayat vide che avevo consumato anche quello, mi lasciò andare lentamente e mi prese dentro di sè. Si mosse piano ma con forza, strofinandomi con carta vetrata sotto l’ombelico.

Solo quando Hayat mi sollevò la nuca con la mano sinistra e mi offrì del té alla menta con la destra, mi accorsi di essere ancora vivo. E di quanto fossero belle le sue mani tatuate di henné e i suoi occhi. Prese un cuscino verde e si sedette per terra accanto al letto. Mise la sua mano ruvida sotto la mia e la sua guancia sopra tutte due. Mancavano quarantacinque minuti, lei parlava in arabo e rideva. Una risata sussultante, crescente, contagiosa. Io capivo soltanto habibi e ridevo con lei. Ogni tanto giravo la testa per annusare i suoi capelli intrecciati stretti e impolverati.



Sotto alle finestre si sentirono il muezzin, donne che pregavano, bambini, cani, camion scassati e persino una breve rabbiosa raffica di AK-47 che mi diede i brividi: qualcuno stava già provando la merce che avevamo consegnato? Possibile. L’ora era finita, Hayat disse qualcosa che iniziava con habibi e finiva con habibi. Credo fosse: “amore mio ora devi andare, credo che tocchi al vostro cuoco amore mio”.












posta del cuore

04/06/10




























30 maggio alle ore 9:07.






Caro D, a essere onesta, c’è un tipo che mi piace molto molto e so che anch’io gli piaccio, ma è sposato con figli grandi e gli irlandesi non divorziano tanto facilmente. Piuttosto rimangono insieme e sono infelici. Lo rispetto troppo per causargli qualsiasi problema e così resteremo amici, credo.



30 maggio alle ore 11.27






Cara L, la tua posizione merita davvero il mio rispetto. Al posto tuo io sarei andato dritto dentro l’alveare per tirare fuori la mia parte di miele. Come risultato avrei dozzine di aculei sul mio corpo per un solo momento di piacere: non proprio un buon affare.



30 maggio alle ore 12.09






Caro D, qui hai ragione, ma comunque lui è troppo timido per questo. Lo vedo una volta alla settimana nelle nostre prove musicali. L’ultima volta una delle sue figlie, la più piccola, era nello stesso pub. Credo che sia gelosa di me, perché non mi saluta nemmeno, pur conoscendomi. Tutto sommato una situazione strana, ma posso viverci.



30 maggio alle ore 23.14






Cara L, la bambina conosce suo padre molto meglio di sua madre.

Voglio dire che la bambina si accorge che tu gli piaci.



04 giugno alle ore 10.33






Caro D, sì penso anch’io che sia così. Comunque, una situazione strana. Mi sono anche accorta che tutto a un tratto amici suoi che non dovrebbero conoscermi mi riconoscono e mi salutano. Abbiamo fatto delle prove molto buone ieri. Ero seduta accanto a lui tutta la sera e abbiamo fatto una chiacchierata molto bella tra un brano e l’altro. I brani erano quelli soliti, ma ieri li sentivo speciali. Non so. Il momento più strano è stato quando eravamo al pub dopo le prove: la porta si è aperta di colpo e un cantante che non avevo mai visto è entrato nel pub e ha cantato “Trionferemo”.



04 giugno alle ore 11.09

Cara L, forse trionferete. Forse sarà la bambina ad accogliere nelle sue mani questo amore nascente e fragile. Un giorno a pranzo sarà lei a dire ai suoi genitori “voglio un amore vero, non come quello fra voi due”.