nella veranda di Dio

30/04/10




































































Esausto, la tuta ancora impastata di polvere lunare. Eugene Cernan, ad oggi l'ultimo uomo sulla luna, ritorna verso la terra. Immagine da BooWoow






Quarantuno anni fa l’uomo metteva piede sulla luna. Io avevo un anno, mia madre mi racconta che quella notte di lunedì 21 luglio 1969 era particolarmente afosa e che nel cielo la luna appariva del tutto nitida.




Credo che fu soprattutto quella straordinaria impresa a rendere gli anni a cavallo fra i ’60 e i ’70 un periodo di grande ottimismo, dinamismo e fede nella tecnologia. Non un brutto periodo in cui nascere, direi. Ho letto molto sull’epopea lunare, l’argomento mi affascina. Il resoconto più preciso e obiettivo è il libro “Carrying the fire” (portando il fuoco), scritto solo nel 1983 da Michael Collins. È l’unico membro dell’equipaggio dell’Apollo 11 (Armstrong, Collins, Aldrin) che sia riuscito a non perdere la testa una volta ritornato sulla terra. Alcolismo, depressione e divorzi penosi sono invece le stimmate che hanno afflitto i suoi due compagni. Di Aldrin si dice che non riuscì mai a superare il trauma di non essere stato scelto come primo a scendere la scaletta del Lem e camminare sulla luna. Gli fu preferito Armstrong: ufficialmente perché era il comandante della missione, ufficiosamente perché era un civile, mentre Aldrin e Collins erano militari. Gli USA volevano così dare al mondo la sensazione che attraverso la conquista lunare non stessero perseguendo fini militari.




M’impressionano soprattutto le cifre: ogni dollaro investito nella missione ne fruttò 50 sotto forma di ricaduta tecnologica e sviluppo di nuovi prodotti per uso quotidiano (silicone e gore-tex sono due esempi). Ogni singolo prodotto scelto per la missione (rasoio Gillette, orologio Omega, fotocamera Hasselblad e altro) godono ancora oggi di una supremazia commerciale quasi imbarazzante. Il razzo Saturn V con 111 metri di altezza, 3100 tonnellate di peso al decollo e 155 milioni di cavalli vapore è il mezzo più potente mai costruito dall’uomo, lo resterà probabilmente per sempre. Alcune delle tecnologie che ci vengono proposte oggi come novità assolute erano in realtà già disponibili, almeno per la NASA con i suoi monumentali assegni, nel 1969. Soprattutto la telematica: basti pensare che le missioni partivano dalla Florida, il controllo missione era a Houston in Texas, l’ammaraggio avveniva nel Pacifico al largo delle isole Hawaii e la regia televisiva si trovava in Australia per motivi legati a una migliore ricezione del segnale proveniente dallo spazio.




Un altro aspetto ha richiamato la mia attenzione. Quasi tutti gli astronauti che hanno partecipato alle missioni Apollo hanno riferito che, nonostante fossero circondati da paesaggi astrali meravigliosi e sconosciuti, il loro sguardo era regolarmente attirato dal nostro piccolo pianeta azzurro, la terra. Sono loro gli unici uomini che hanno potuto ammirarlo come un astro esterno. Buzz Aldrin parlò di "uno straordinario gioiello dentro uno scrigno nero, quattro volte più voluminoso che la luna vista dalla terra".






Erano tutti uomini di solidissima formazione scientifica, completamente cartesiani. Militari e civili, dotati di un coraggio fisico e spirituale fuori della norma. Uomini con un sangue freddo esemplare. A questo proposito Collins racconta che, poco prima della missione, Armstrong rischiò di morire nell’incidente di un simulatore. Appena ne fu informato, Collins si precipitò a vedere Armstrong. Lo trovò perfettamente tranquillo che faceva colazione con un toast al bacon e succo di arancia studiando un manuale di fisica. Quando gli chiese: “È successo qualcosa nel simulatore?”, lui non alzò lo sguardo dal libro e si limitò a rispondere: “Sì’”.




Trovo quindi piuttosto sorprendente che molti dei 12 astronauti (9 ancora viventi) che sono stati sulla luna nelle missioni Apollo abbiano riferito di aver concepito durante i voli pensieri che si possono senz’altro definire mistici.






















Eugene Cernan è stato l’ultimo uomo a camminare sulla luna nella missione Apollo 17, conclusasi il 19 dicembre 1972. Vi trascorse oltre 22 ore e percorse 30 chilometri a bordo del veicolo lunare Rover. Fu invidiato da tutti i padri del mondo perché lasciò il nome della figlia scritto sulla superficie lunare.  Così egli descrive il momento dell’ultimo passo umano sulla luna, non meno straordinario del primo passo:






“Risalendo i gradini della scala che portava al Lem (il modulo lunare che lo avrebbe riportato sulla terra, ndr) ho pensato che non ci sarebbe stato nella mia vita nessun luogo di cui avrei potuto dire: non ci tornerò più. Avrei voluto fermare il tempo per riflettere. Il passato, il presente il futuro, l’infinito: ero nel mezzo di tutto questo. Nella veranda di Dio. E ancora oggi non so qual'è la portata di quello che abbiamo compiuto.”


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