1968: l’infermiera militare Donna Hamilton consola un bambino vietnamita raccolto poche ore prima dai fanti americani, piangente, accanto al cadavere della madre uccisa in un bombardamento della US Air Force sul suo villaggio.L’autore di questa foto, John Olson, trascorse due anni in Vietnam dove restò ferito due volte. Successivamente, a soli 21 anni, divenne il più giovane fotografo in servizio per Life. Il suo grande talento e la giovane età gli permisero di realizzare immagini inconsuete come questa. Sono tanti gli elementi che rendono questa foto così potente: Il magistrale uso della luce. La testura sgranata e rarefatta delle due figure umane. Le manine del piccolo che si aggrappano alla casacca dell’infermiera per trattenere a se almeno questa madre. La salvietta delicatamente posata sotto la sua guancia. Tutti questi elementi guidano il lettore in un lento avvicinamento allo sguardo di Donna che è il focus di tutta l'immagine. Si riesce a leggere attraverso lo sguardo di Donna come attraverso l’acqua: l'angoscia, il disorientamento morale, ma anche la fierezza. E’ sicuramente vero: villaggi di contadini pacifici furono bombardati indiscriminatamente. Nell'infernale pantano di Da-Nam i marines pieni di rabbia e di anfetamine compirono un massacro di donne e bambini di tali proporzioni che persino il Congresso americano, certamente non mansueto, dovette prendere provvedimenti. E vero: c’è un’altra foto celebre che ritrae una bambina vietnamita mentre corre, completamente nuda, sull’argine di una risaia con il corpo ustionato dal napalm. E’ vero però anche che ci furono dei soldati che fecero la scelta estrema dell'insubordinazione. E’ vero che il personale medico americano era in gran parte composto da volontari e in grandissima parte da civili. Alcuni di loro scelsero con forti rischi personali di difendere la popolazione civile cercando di restituire quello che i loro stessi politici e generali, scellerati, toglievano. Lo fecero con piccoli e grandi gesti, spesso istintivi, che non di rado restavano incomprensibili anche a loro stessi. Molto probabilmente fu questo l’appiglio che permise loro, dopo la caduta di Saigon, di tirarsi fuori dal pantano ancora più infernale della Post Traumatic Shock Disease e dell'ipocrita ostracismo dei loro connazionali.
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2 commenti:
pur nella stessa immagine, riusciamo a scorgere punti differenti. non vedo un bambino disperato che si aggrappa con tutto se stesso ad una figura femminile, per cercare di conservare almeno "questa" madre. vedo un bambino che si è abbandonato al sonno,tranquillamente, perchè fiducioso di quelle braccia. vedo, nello sguardo di Donna, fierezza, ma anche senso estremo di protezione, verso una creatura indifesa. sicuramente sì, hai ragione nel riportare l'attenzione sulle ingiustizie che si sono compiute nel passato, sulle conseguenze drammatiche che hanno determinato. ma, se potessi scegliere, preferirei leggere o sapere delle ingiustizie che si stanno compiendo ora nel mondo, perchè, se per ciò che è successo nel passato, ormai, non è più possibile fare nulla, forse, per ciò che sta accadendo (vedi Siria), qualcuno potrebbe ancora cambiare idea, o perlomeno riflettere un po' più intensamente.
ps. una domanda a te...da dove tutta questa sete di giustizia?
I fotografi di guerra non hanno contribuito alla disfatta americana in Vietnam. L'hanno solo amplificata. La sconfitta è stata determinata da un errore tattico: quello di condurre un tipo di guerra non adatto al teatro. Il post è dedicato ai fotografi di guerra, non ho mai pensato nemmeno lontanamente che potesse condurre alla Siria. Se lo vuoi sapere, io penso che In Egitto, Siria, Afghanistan, Libia ecc. i regimi che reggevano sull’appoggio statunitense vengono sostituiti con altri che non sono democratici, ma di tipo islamista. Questi sono più adatti dei precedenti ad essere aggrediti al bisogno per fare un favore a Israele e per sfruttare le risorse del loro sottosuolo. Ci sono certamente anche in Siria dei fotografi di guerra che stanno rischiando la vita per portare a casa una foto e novecento Euro al mese. Sono loro sono i miei eroi. Quanto alla sete di giustizia, forse mi è venuta quando l'ho assaggiata.
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