Sono stato a Mosca. Ho avuto, cosa che non capita quasi mai in una trasferta di lavoro, anche il tempo di vagabondare per la città. L’imponente Piazza Rossa con i campanili-gelato. Lenin (apparentemente) imbalsamato. I formidabili tesori del Cremlino. Lo Shuttle sovietico Buran, un faraonico progetto spaziale (vi lavorarono oltre un milione di persone) che contribuì economicamente al crollo del regime comunista e ora allieta i bambini in un angolo estremo del Gorkij Park, affacciato sulla quieta Moscova.
Ma la mia testa era con Anna.
Anna Politkovskaja nasce il 30 agosto 1958 a New York,
figlia di diplomatici sovietici presso l’ONU e studia giornalismo
all'Università di Mosca. La sua carriera inizia nel 1982 al famoso giornale
moscovita Izvestija, che lascerà nel 1993. Dal 1994 al 1999, lavora alla Obščaja
Gazeta.
A partire dal giugno 1999 fino alla fine dei suoi
giorni, lavora per la Novaja Gazeta. Nello stesso periodo pubblica
alcuni libri, fortemente critici contro Vladimir Putin, sulla conduzione della
guerra in Cecenia, Daghestan ed Inguscezia. Spesso per il suo impegno professionale
viene minacciata di morte.
Nel 2003 pubblica il suo terzo libro, A Small Corner
of Hell: Dispatches From Chechnya (tradotto in Italia con il titolo Cecenia,
il disonore russo), in cui denuncia la guerra brutale in corso in Cecenia
dove migliaia di cittadini innocenti sono torturati, rapiti o uccisi dalle
autorità federali russe o dalle forze cecene. Durante la stesura del libro, la
Politkovskaja si è avvalsa anche delle testimonianze di militari russi.
Anna
viene ritrovata morta il 7 ottobre 2006, giorno del compleanno dell'allora
presidente russo Vladimir Putin, nell'ascensore del suo palazzo a Mosca. La
prima pista seguita fu quella dell'omicidio premeditato e operato da un killer
a contratto. Il mandante è ancora oggi sconosciuto: voci non confermate
imputano il delitto proprio al presidente Putin, più volte bersaglio di pesanti
critiche da parte della giornalista.
Dal 1993 ad oggi sono stati uccisi in Russia 294
giornalisti, fotografi e operatori radio-televisivi. Alto anche il numero dei
giornalisti che sono scomparsi senza lasciare tracce (7 tra il 2001 e il 2004).
Numerosi anche i giornalisti stranieri, tra i quali il freelance italiano di
Radio Radicale Antonio Russo, il cui corpo fu rinvenuto il 16 ottobre 2000,
orribilmente torturato, nelle vicinanze di Tbilisi, capitale della Georgia.
Politkovskaya,
massima espressione in Russia del giornalismo investigativo, è stata la quinta
vittima, in un decennio, dello stesso giornale: il quotidiano dell’opposizione Novaya Gazeta
Nonostante quello che ho letto sulla tua implacabile
determinazione vedo in questa tua foto, Anna, uno sguardo puro e mite. Lo sguardo di un’amica che è sempre pronta
a correre quando c’è bisogno, anche quando il ragazzino della portinaia ha preso un brutto voto. Hai insegnato che un giornalista non deve
vendersi mai. Nemmeno per la cassetta di vini a Natale, nemmeno per le minacce
di morte. Sapevi di essere condannata e, dicono, non permettevi più a colleghi
e famigliari di accompagnarti per non esporli a grossi rischi. La tua colpa è
stata, con le tue parole, quella di essere "semplicemente una persona che
descrive quello che succede a chi non può vederlo”. La tua colpa è stata di
criticare un regime che tutti sanno essere brutale e corrotto ma di cui
nessuno, soprattutto l’Italia, può fare a meno.
Per Anna.
Per Anna.
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