Sbavano

14/10/12


E poi dicono la sincronicità. Venerdì sera nel parcheggio della ditta: una collega tenta di farsi ubbidire da un cagnolino che non vuole di saperne di salire sulla sua macchina. “Che carino! Non sapevo che avessi il cane”. Lei: “Ha due mesi, la mia macchina non gli piace!”.
Dodici ore dopo, solito campeggio sul lago di Garda. Me ne vado verso la spiaggia a montare le vele. Junior e mia moglie dicono: “Noi restiamo un momento qui al camping”. Mi raggiungono venti minuti dopo, eccitati “Dobbiamo farti vedere una foto!” Provo a indovinare: “Un cane”? Esatto.

“Bisogna portarlo fuori alle sei di mattina e mangia più di noi tre messi insieme”. Non mi riesce di togliere il vento dalle loro vele con quest’argomento. Ci provo con: “Quelli sbavano, è una caratteristica della bocca dei Terranova che permette loro di nuotare.”  Niente da fare, decido così di calare l’asso e chiudere la partita “Quando poi muore, ci soffrite!”
Succede che l’asso mi ritorna indietro come un boomerang. Mi dico: “E se fosse l’affitto del tuo corpaccione a scadere prima di avere il cane che hai sempre desiderato?”.  Getto le armi: “Va bene, prendetelo.”

E’ vero, come diceva Eduardo, che gli esami non finiscono mai. Ma ogni tanto è bello passarli al primo colpo questi benedetti esami. Nonostante la nostra inesperienza, la nostra multi-culturalità, la nostra multi - cialtroneria di campeggiatori e la multi - faccia tosta (“abitiamo in appartamento ma abbiamo il fiume vicinissimo a casa…”) la titolare del campeggio ci ritiene degni del regalo, che tra l’altro ha un discreto valore economico.
Nomino me stesso addestratore-capo: “Dovete imporvi, ma senza abusare della sua bontà”. L’equivalente canino delle “convergenze parallele” di democristiana memoria.

Il momento del distacco dalla sua famiglia è meno pesante del previsto. La madre ci saluta, non sembra preoccupata (le restano comunque altri sei esemplari della cucciolata). Saluta soprattutto mia moglie: ultime raccomandazioni tra madri. Il padre mi guarda fisso da un angolo del giardino, più che certo che non proverò nemmeno ad avvicinarmi. I fratellini vorrebbero venire anche loro.
Lo prendo in braccio, con la sua pancetta da piccolo Buddha già pesa come un lingotto di piombo. Riceviamo anche un sacchetto col suo cibo, non abbiamo la più pallida idea dove su trovare cibo per cani al lago di Garda di sabato sera.

La prima notte è serena. Mi sveglio alle cinque del mattino coi suoi denti, piccoli e taglienti come aghi ipodermici, nell’avambraccio. Deve uscire a fare pipì.

Ci accordiamo, sarà lui a scegliere il suo padrone tra noi tre attraverso il processo insondabile, alchemico che hanno descritto bene Konrad Lorenz (più scientifico) e Jack London (più narrativo). Nessuno ci resterà male se non sarà scelto come capo branco. Accettiamo, ma ci teniamo d’occhio a vicenda per vedere se c’è qualcuno che non gioca pulito. Sono quello che passa meno tempo con lui, tutto sommato potrei non essere io il capo branco. Mi rassegno, anzi vedo i vantaggi di essere semplicemente un suo fratello di branco. Ogni mattina mi saluta quando esco di casa e mi lascia addosso il suo odore, che annuso una volta arrivato in ufficio. Un odore infantile, con sentore di pane appena sfornato.
Voglio mettere insieme per junior quel “libretto di uso e manutenzione” che non ci hanno dato insieme all’animale. Cerco su internet e rimango perplesso di fronte a un linguaggio del tutto nuovo per me: “Una taglia grande moderata” “uno sguardo attento ma socievole”. Apprendo con meraviglia che  il Terranova è stato selezionato per aiutare i contadini a trainare piccoli carretti e i pescatori a salpare le reti. E’ in una striminzita pagina di Wikipedia che trovo la sintesi perfetta: “il suo istinto di salvare le persone dall’acqua è così forte che può succedere che salvi anche chi non vuole essere salvato.”

Esatto, da quando c’è lui sono più tranquillo, dormo meglio, vado più piano in macchina. Accendo meno il computer, me la prendo più comoda. Se arrivo in anticipo da un cliente non mi attacco più al telefono per spostare l’incontro, ma m’ infilo nel primo bar: “Caffè e Gazzetta...!”

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