Dopo una
laurea in ingegneria aeronautica a Stanford, Jim Drake lavorò presso varie
aziende del settore aerospaziale e fu poi chiamato a svolgere una serie d’incarichi
direttamente per il Pentagono. La loro natura precisa è rigorosamente top
secret, ma è noto che si trattasse dello sviluppo della seconda generazione dei
missili balistici intercontinentali definiti “versione migliorata”. L’ironia
era probabilmente solo involontaria, poiché erano in grado di portare ordigni termonucleari
multipli su targets in Unione Sovietica.
Nel maggio
del 1967, al termine del trasferimento tra la sua casa e la Norton Air Force Base di San Bernardino, per lui noiosissimo, Drake osservò il soldato di guardia mentre gli apriva la sbarra del
checkpoint ed ebbe un’intuizione che migliorò la vita di milioni di persone.
Amante
della natura come tutti i californiani e velista, Drake aveva teorizzato
durante un barbecue con alcuni colleghi la possibilità di creare un veicolo a
vela per acque calme, più semplice di una barca a vela, che potesse essere
governato da una persona in piedi e senza l’ausilio di un timone. Un suo
collega californiano, ma residente per lavoro a Washington, disse che gli
sarebbe piaciuto usare un simile mezzo sul fiume Potomac, per lenire la sua
nostalgia dell’oceano Pacifico. Nel suo tempo libero, Drake iniziò a lavorare al
progetto. Di sera nel suo garage e durante i fine settimana sulla spiaggia di
Marina del Rey dove si recava con la moglie Sam e loro bambini piccoli. La
forma dello scafo era abbastanza chiara nella sua mente perché assomigliava al
surf da onda hawaiano, l’attrezzatura velica rimaneva invece ancora da definire:
doveva potersi muovere rispetto alla tavola, ma non con un movimento lineare
che avrebbe richiesto un sistema meccanico. Drake aveva pensato ad un’attrezzatura che
fosse vincolata al corpo della persona. Numerosi tentativi erano falliti e
proprio il weekend precedente aveva sperimentato a Marina del Rey un
improbabile abito-vela che gli provocò solo una serie di rovinose cadute e i
sorrisi dei bagnanti.
Nel
vedere la sbarra della base di Norton muoversi intorno al suo fulcro in una
giornata ventosa, Drake intuì che doveva collegare una vela triangolare munita
di boma “prensile” alla tavola tramite un giunto cardanico che permettesse di
governare il mezzo con un movimento rotatorio. Il week
end seguente i bagnanti di Marina del Rey non risero più: finalmente Drake
riuscì a veleggiare verso il largo e a ritornare incolume. Era nato il windsurf.
E’ curioso che la genesi del windsurf non sia venuta da surfisti da onda
squattrinati, ma da professionisti con lavori ben pagati.
Drake tentò
da subito, con alterne fortune, lo sfruttamento commerciale della sua
invenzione e ingaggiò lunghe battaglie legali per difendere la sua
primogenitura. Riconobbe poi di essere arrivato “buon terzo” in questa gara:
almeno altre due persone, una nel Maine e l’altra in Inghilterra avevano
sviluppato mezzi simili al suo, ma non vi sono prove che lui ne fosse a
conoscenza. Cedette infine, per soli
36.000 dollari tutti i sui diritti e accettò di definirsi il co-inventore del
windsurf. Non c’è dubbio però che sia Jim Drake il vero padre del windsurf,
colui che ne ha impersonato lo spirito originale, fatto di amore e rispetto per
la natura, di liberta, di amicizia.
Sempre
ottimista e sempre desideroso di sfidare lo status-quo, Drake ha dedicato tutta
la seconda parte della sua vita al windsurf. Ha progettato tavole vincenti e ha
studiato, insieme alla moglie Sam, nuovi modi per promuovere lo sport tramite
l’inclusione di tutti, specialmente le donne e i bambini. Ha sempre difeso
strenuamente il principio di utilizzare per le Olimpiadi l’attrezzatura unica
che, eliminando il fattore economico, ha permesso anche a giovani atleti di
paesi emergenti di portare al collo medaglie olimpiche.
E’ morto
il 20 giugno 2012 a ottantatré anni. La sua scomparsa ha colto tutti di
sorpresa, era ancora attivissimo. Per presentare uno dei suoi ultimi progetti
aveva fatto girare una sua tavola per tutti gli Stati Uniti: chiunque voleva
poteva provarla e scrivere sulla tavola stessa le sue impressioni. Aveva salutato
con entusiasmo anche tutti i derivati e le ibridazioni della sua creatura come
il kite e il SUP. Ancora sei mesi e avrebbe visto la sua creatura che ha già
attraversato l’Atlantico con assistenza esterna, raggiungere la fantastica
velocità di 103,41 km/h sotto i piedi del campione Antoine Albeau in Namibia.
Drake
lascia orfani milioni di windsurfisti in tutti i continenti. “Tranne in Antartide”,
diceva sapendo che prima o poi qualcuno abbastanza folle ci proverà. Lascia anche
un’industria che aggregando attrezzatura, didattica e viaggi sviluppa un
fatturato globale considerevole per uno sport di nicchia.
Il
windsurf ci ha dato la gioia, ci ha educato, ci ha spinto a viaggiare nel mondo
e anche a trasferirci in altri paesi. Pur essendo uno sport individuale, ci ha
spinto verso le altre persone. Grazie Jim!
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